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Questa storia inizia nel 1995. Siamo in piena era grunge e di ritorno da scuola sull’autoradio – immancabilmente sintonizzata su Radio Lupo Solitario – passa un pezzo indubbiamente del suddetto genere. Nonostante sia la prima volta che giunge alle mie orecchie, il pezzo in questione mi garba assai, strofa, ritornello, strofa, il tragitto fin sotto casa è ormai compiuto ed il brano per me ancora senza titolo mi è ormai entrato in testa. Peccato che lo speaker radiofonico ometta di citare, alla fine della canzone, artista e titolo… o forse addirittura si trattava di una serie di brani in rotation e speaker non c’era proprio. Beh, poco male, arriva mio fratello maggiore in mio soccorso: a suo dire si tratta degli Stone Temple Pilots! Bene bene bene, di lì a poco, armato di tale consapevolezza organizzo con lo stesso consanguineo saputello una bella spedizione in quel di Milano… ricordi decisamente d’altri tempi, quando per comprare i cd bisognava imbarcarsi per una gitarella nel capoluogo lombardo e girare a destra e a manca tra Messaggerie Musicali, Mariposa e simili alla ricerca di qualche disco che non costasse un occhio della testa. In quell’occasione in particolare non mancai di accaparrarmi proprio un paio di cd degli Stone Temple Pilots, i primi due, ‘Core’ e ‘Purple’, nello specifico. Il tutto continuando a canticchiare più o meno mentalmente la canzoncina incriminata e già pregustandone adeguato riascolto.
Giunto a casa mi sparo in rapida successione entrambi gli album… forti gli Stone Temple Pilots! Ci sono canzoni che già conoscevo come ‘Plush’, ‘Creep’ e ‘Interstate Love Song’, altre che mi conquistano senza remore come ‘Sex Type Thing’, ‘Wicked Garden’, ‘Kitchenware & Candybars’… fila tutto che è un piacere, peccato che NON ci sia la canzone desiderata… non si tratta di ‘Vasoline’, né tantomeno di ‘Unglued’… e neppure la traccia fantasma di ‘Purple’ mi dà ragione… argh, a questo punto lo sconforto è sommo e mal ripagato dall’aver comunque acquisito nel mio bagaglio musicale quello che tuttora è uno dei miei gruppi preferiti. Il brano senza nome e senza autore mi è rimasto in testa e purtroppo non ho ulteriori indizi a mia disposizione per proseguire le indagini… so solo che si tratta di un brano di genere grunge… e che non è suonato dagli Stone Temple Pilots.
E tale mistero privato purtroppo rimarrà tale per gli anni a venire… incredibilmente la melodia del pezzo misterioso mi è rimasta incastonata tra le pieghe della memoria ma non ho lo straccio di mezza parola del testo per tentare una pur difficoltosa ricerca a livello di lyrics su internet.
Ed in tempo più recente neppure applicazioni alla Shazam, che promettono (ma non mantengono!) di riconoscere un brano sia pur canticchiato e/o fischiettato riusciranno ad aiutarmi. Il tarlo continua a rodermi, questo piccolo “dramma” mi accompagna giorno dopo giorno, mese dopo mese e anno dopo anno (per carità, non che il problema mi si riproponesse ogni singolo giorno…)…
Ormai rassegnato ad invecchiare incapace di togliermi la soddisfazione di scoprire l’arcano della “song x”, giunge infine l’anno 2012 (e non che dal 1995 al 2012 abbia poi recuperato molti cd di gruppi grunge pre-’95…). Un bel dì, quasi per caso, decido di portare da ascoltare in ufficio l’album di un gruppo grunge che ho acquistato mesi, se non anni, prima in musicassetta prettamente per la mia collezione, che ho “convertito” con un gioco di prestigio in mp3 e che ancora non ho ascoltato… si tratta di ‘American Standard’ dei Seven Mary Three. E tutto ad un tratto eccola lì, come un fulmine a ciel sereno, come un meteorite, come un’onda anomala: la canzone che mi è prodigiosamente, anzi, quasi fastidiosamente rimasta malamente in testa per la bellezza di 17 (DICIASSETTE!!!) anni, senza una singola parola del testo, senza speranza, senza ragione… è ‘Cumbersome’ dei Seven Mary Three! Inutile stare a descrivere la sensazione di vaga euforia, di illuminazione, di epifania che mi ha colto… è stato un momento irripetibile, figlio di un passato ormai lontano e gustato con un piacere tutto particolare.
Alla realtà dei fatti e a mente fredda, ‘Cumbersome’ è un brano effettivamente gradevole, tipica power-ballad sui generis di stampo decisamente seattleiano. Quel che mi colpisce è che la voce del cantante non ricorda neppure lontanamente quella di Scott Weiland! Casomai il punto di riferimento è Eddie Vedder. Ed anche musicalmente non c’è spazio per le intuizioni tipiche dei fratelli DeLeo. Insomma, i Seven Mary Three non valgono una cicca in confronto agli Stone Temple Pilots o ai Pearl Jam, l’album non è niente di che ma ‘Cumbersome’ in effetti si difende bene e per forza di cose si attesta tra le mie favorite, non foss’altro per la perseveranza, di sempre!
E pensare che al giorno d’oggi un simile problema si risolverebbe in pochi minuti… basterebbe anche solo cogliere una frase del testo per poi chiedere assistenza al Sig. Google… ed invece il mio problema è stato risolto dalla mia passione per i vecchi supporti audio (MC) e dal caso… ed appena in tempo, a sentire i Maya. E loro di certo non ascoltavano grunge.

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